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I crimini della multinazionale Chiquita
Reinaldo Spitaletta / venerdì 21 settembre 2007 / Español
 

I precedenti della multinazionale delle banane Chiquita Brands sono sanguinari.

Nel dicembre del 1928, a Ciènaga, Magdalena, la United Fruit Company, con la compiacenza di Miguel Abadía Méndez l’allora capo del governo colombiano, fece un massacro dei suoi lavoratori. Ne morirono circa tremila. L’eccidio fa parte della storia tragica della classe operaia in Colombia, ed ispirò, tra l’altro, alcuni passi di “Cento anni di solitudine” di García Márquez, ed il romanzo “La casa grande” di Álvaro Cepeda Samudio, oltre alle denunce del leader Jorge Eliécer Gaitán.

Un monumento dello scultore Rodrigo Insabbi Betancourt ricorda l’episodio in una piazza di Ciènaga. La United, che dopo cambiò il nome in Chiquita Brands, da allora ha continuato i suoi soprusi nel paese.

Dal 1997 al 2004 ha finanziato gruppi paramilitari a Urabá, con ben 1,7 milioni di dollari. Secondo un giudice federale gringo, Royce Lamberte, la compagnia che ha la sua sede a Cincinati, ha compiuto i pagamenti con l’acquiescenza delle sue alte gerarchie. La “punizione” della giustizia nordamericana è stata la riscossione di una multa di 25 milioni di dollari.

In passato, la multinazionale era già stata multata nel suo paese di sede, per aver pagato le autorità colombiane che vigilano sulle imposte col fine di ottenere licenza doganale e portuale a Turbo, nella regione di Antiochia. Il caso fu archiviato. In altre parole, è rimasto impunito. La stessa cosa capita col finanziamento dei paramilitari.

Quando gli Stati Uniti si presero Panama (“I took Panama!” fu la sfacciata dichiarazione di Teddy Roosevelt) indennizzarono la loro neocolonia colombiana con 25 milioni di dollari che furono pagati durante il governo di Marco Fidel Suárez. Quel presidente, genuflesso davanti ai gringo, chiamava gli Stati Uniti “la stella polare”. A quella stessa “stella” offrì tutte le garanzie perché si prendessero il petrolio della nazione.

Secondo il Tribunale Permanente dei Popoli, la Chiquita, oltre al finanziamento dei paramilitari, gruppi di assassini che hanno distrutto varie regioni colombiane e l’Urabá di Antiochia, è anche responsabile della fornitura di tremila fucili AK 47 e di cinque milioni di proiettili, consegnati nel 2001. Eppure in Colombia non c’è nessun processo contro quella multinazionale. In Colombia la storia sembra ripetersi.

I gringo si sono presi Panama e hanno pagato 25 milioni di dollari. Dopo, la United ammazzò i suoi dipendenti e tutto rimase nell’impunità. Lo Stato colombiano allora non fece parola. Ora, con la Chiquita, nemmeno. Frattanto, i parenti di migliaia di vittime del paramilitarismo esigono che la multa riscossa dai gringo sia trasferita alla Colombia come riparazione per le vittime. Alcune voci, come quella dell’ex fiscale Gómez Méndez, dichiarano che bisogna estradare i colpevoli affinché siano giudicati in Colombia. Si aspetta allora che il governo colombiano, tanto caro a Bush, metta alla gogna i dirigenti della Chiquita implicati in tali delitti.

Bisogna ricordare che in un paese pericoloso per l’esercizio del sindacalismo, tanto che nel 2006 in pieno governo della “sicurezza democratica” furono assassinati 78 sindacalisti, non fu solo la Chiquita ad essere implicata nell’assassinio di operai e contadini. Altre, come la Nestlé e la Coca Cola, sono state accusate di diverse prepotenze.

Lo stesso Tribunale Permanente dei Popoli ha segnalato quelle multinazionali perché compiono pratiche illegali lesive dei diritti umani più elementari, legandosi alle reti di violenza che affondano le radici nelle strategie di Stato, incentivate e patrocinate da politiche emisferiche che cercano legittimare l’imperativo di sicurezza per i grandi investitori ed impresari. Fra tali pratiche ci sono quelle della persecuzione e della fustigazione dei lavoratori. Tra le denunce del Tribunale contro le multinazionali vi sono quelle di promuovere il terrore nell’ambiente lavorativo. Per quello utilizzano i paramilitari che s’incaricano di intimidazioni, persecuzioni, attentati ed assassini. Queste compagnie, che usano manodopera temporanea in massa, hanno aumentato i loro guadagni in Colombia, ecco perché continuano ad investire nel paese, coadiuvate dall’atteggiamento passivo e servile dello Stato colombiano che permette l’umiliazione dei lavoratori o com’è accaduto a Ciènaga, che li ammazzino. Tanto non succede niente. Continuiamo ad essere appendici della politica imperiale, ed i nostri governanti non perdono l’odiosa condizione di servi.

Ora non è stato il governo colombiano ad impedire che la Chiquita se la cavi con una semplice multa, sono state le organizzazioni dei familiari delle vittime ed alcune voci dell’opposizione quelle che esigono che i 25 milioni di dollari arrivino al popolo tramite i risarcimenti di riparazione. Sono i vilipesi ed offesi della Colombia quelli che fanno sentire le loro proteste per gli oltraggi alla dignità commessi dalle compagnie straniere e dall’imperialismo statunitense. Comincia adesso la lotta per un’autentica riparazione per le vittime e una punizione per i colpevoli.

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare