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Colombia: ‘Il giornalista Romeo Langlois è con le Farc
Stella Spinelli / mercoledì 2 maggio 2012
 

Simone Bruno, giornalista italiano che da dieci anni vive a Bogotà e nostro collaboratore dal paese sudamericano, era con l’amico e collega Romeo Langlois – anche lui giornalista da dieci anni in Colombia, della quale è diventato un grande esperto delle sue vicende sociopolitiche – fino al giorno prima della sua scomparsa nella selva del Caquetà. A E ha raccontato cosa li ha spinti ad adentrarsi nel cuore del conflitto e ha ricostruito i momenti salienti dell’esperienza del giovane francese, del quale da sabato non si hanno più notizie ufficiali. Romeo Langlois lavora per France 24 e per Le Figaro ed è autore di molti videoreportage sulla Colombia.

Simone raccontaci come è nata l’idea di recarvi in una delle zone più calde della perenne guerra colombiana?

Siamo andati al Fuerte militar Larandia – la base congiunta della Forza aerea, dell’Armata e dell’Esercito colombiano nei pressi di Florencia, Caquetà – il 18 maggio. Larandia è fra le più grandi basi del paese, dove opera anche la Dea. È il centro della guerra alla droga. L’idea di adentrarci fin là per vedere da vicino la lotta al narcotraffico, tanto sbandierata da Bogotà e Washington, ci è venuta durante l’ultimo Summit delle Americhe a Cartagena de Indias, quando Colombia e Nicaragua hanno provato a proporre una strategia diversa di guerra al narcotraffico, subito osteggiata – com’era immaginabile – da Usa e Canada. Da qui la voglia di realizzare un reportage su chi questa lotta la vive quotidianamente. Così abbiamo iniziato a prendere i primi contatti. Larandia è la casamadre della brigata contro il narcotraffico, unica al mondo nel suo genere, e il nostro intento era ascoltare i militari, capire se ancora credono in questo metodo per sradicare la droga, se ancora pensano che si tratti di una guerra da vincere sul campo o no. Volevamo capire da chi la combatte cosa ne pensa, se ci crede e in particolare quanto costa questa guerra al paese. Se ne valga davvero la pena.

Per questo avete scelto di lavorare con l’esercito…

Sì. Questa è la storia che volevamo ricostruire, questo il taglio. Quando copri un conflitto armato devi essere disposto a stare da ogni parte, con ogni attore armato, per dare voce a tutti e a tutto. Questa volta eravamo coi militari, ma siamo stati con le Farc, siamo stati con la gente, siamo stati con la polizia. Devi avere contatti con tutti e entrare in campo con tutti.

Quindi i primi contatti con le alte sfere militari…

Abbiamo contattato il generale responsabile e ottenuto il permesso per andare alla base. Ma quando siamo arrivati ci siamo resi conto che quello che ci avevano organizzato era una farsa: un’operazione dimostrativa che a noi non serviva a niente. Quindi abbiamo spiegato di nuovo che volevamo documentare il lavoro reale che svolgono nella lotta al narcotraffico e siamo tornati a Bogotà. Dopo pochi giorni ci hanno richiamato. Siamo scesi di nuovo alla base. Era il lunedì 23. In programma c’erano due operazioni differenti, ma alla prima doveva partecipare una troupe del National Geographic e noi abbiamo preferito aspettare. Ci saremmo dati fastidio a vicenda e abbiamo scelto di attendere il nostro turno. Il giorno dopo abbiamo girato il video su come i militari preparano le operazioni nella base e il mercoledì ci siamo alzati alle 3 di notte tutti quanti, ma sono partiti solo i colleghi del National Geographic. Durante la loro uscita le forze armate hanno trovato tre laboratori artigianali per trasformare le foglie di coca in pasta. Si tratta di capanne mimetizzate nella natura, vicine ai campi di coca, costano poco e producono molto. Ricostruirle per i coltivatori è un attimo. In questo caso erano completamente deserti, perché alla guerriglia non conviene nemmeno rischiare per difenderli. Così i soldati, ripresi dal Netional Geographic, hanno distrutto tutto e sono tornati alla base. Ma quando sono rientrati per noi era troppo tardi e ci hanno rimandato al giorno dopo. Durante la serata, però, è subentrato un altro problema logistico: gli elicotteri non sono potuti rientrare perché destinato a un’altra zona del conflitto. A quel punto, però, abbiamo deciso di portare pazienza e di attendere comunque. Il giovedì 26 aprile scorre in un’attesa estenuante. Gli elicotteri non sono arrivati per tutto il giorno e noi abbiamo discusso se restare o ripartire. Quando si copre la guerra dobbiamo assuefarci ai tempi della guerra e non avere fretta. Ma io dovevo tornare a Bogotà per altri impegni professionali e ho deciso di ripartire viaggiando in autobus la notte fra giovedì e venerdì. Romeo è rimasto. La prossima operazione era prevista per sabato 28 alle tre di notte. La sera del 27 ci siamo sentiti per telefono, ci siamo smistati gli articoli da fare e le notizie da coprire in vista del primo maggio e dell’entrata in vigore del Tlc con gli Usa il 16 maggio e ci siamo salutati con la promessa che appena rientrato alla base il giorno dopo mi avrebbe mandato un sms. Da quel momento non l’ho più sentito.

Sei riuscito a capire cosa sia successo quella mattina?

È successo che durante l’operazione a cui ha assistito Romeo, oltre ai laboratori di base, cioè le capanne artigianali, è stato scoperta una cocina, una vera e propria fabbrica di raffinazione della droga, dove entra la pasta ed esce la cocaina. Si tratta di una postazione preziosa per l’economia della guerriglia e dunque la difendono strenuamente. E infatti le Farc l’hanno difesa. Ci sono stati combattimenti per molti ore, prima lievi e poi sempre più cruenti. Ho raccolto le testimonianze dei soldati che erano con lui: Romeo ha girato con la telecamerina finché non è stato ferito a un braccio e anche dopo, finché ha potuto. Era appostato con un sergente e con un caporale. A un certo punto, uno sparo ha colpito in testa il sergente e una scheggia ha preso in faccia il caporale, che poi è morto. Romeo allora ha deciso di farsi vedere dai guerriglieri e di avviarsi verso di loro braccia in alto per farsi riconoscere come civile. Da allora si sono perse le sue tracce.

E adesso?

Da poco il generale ci ha detto che l’esercito sa che lui è con le Farc. Stiamo solo aspettando il momento in cui tornerà a casa. Il problema è che la zona è ancora teatro di scontri. Ma con pazienza torna. Ne siamo certi.